Welfare aziendale: il benessere dell’azienda comincia dai lavoratori

La salute di un lavoratore non passa solamente da tutto ciò che riguarda strettamente l’ambito della sorveglianza sanitaria di cui abbiamo già parlato nel nostro blog, ma rientra nel più ampio concetto di welfare aziendale, benessere aziendale, sempre più sentito dopo i due anni di pandemia.


La salute dei lavoratori viene prima tutto, sono loro il motore della produttività aziendale ragion per cui creare un clima di benessere all’interno delle mura aziendali è fondamentale, oggi più che mai, soprattutto dopo i cambiamenti non programmati che i due anni di pandemia hanno portato nella nostra percezione del tempo e delle esigenze. Abbiamo cominciato a riflettere sul nostro futuro lavorativo in maniera differente e riconsiderato alcuni aspetti della nostra carriera e del nostro benessere. 

Ecco perché oggi parliamo di welfare aziendale e della sua importanza all’interno dell’ecosistema azienda e nella vita di ciascun lavoratore.

Cos’è il welfare aziendale?

Il welfare aziendale, letteralmente benessere aziendale, è l’insieme di una serie di benefit messi a disposizione dei dipendenti che non corrispondono a vantaggi fiscali, ma al contrario mirano a migliorare la vita del lavoratore permettendogli di conciliare, ad esempio, il lavoro con la vita privata.

In questo modo il dipendente è più produttivo, motivato a restare e a dare il suo contributo in azienda; l’azienda dal canto suo ha la possibilità di migliorare il proprio business senza svantaggi fiscali.

Impossibile? Tutt’altro, in Italia già molte aziende che hanno scelto di mettere al centro il benessere dei propri dipendenti hanno implementato servizi di welfare, il più delle volte raggruppabili in queste quattro aree:

  • salute: alcune aziende scelgono di erogare un maggior numero di servizi sanitari e di sostegno psicologico;
  • famiglia: benefit volti al raggiungimento di un migliorato equilibrio come orari flessibili, permessi extra pagati, servizi di baby sitting;
  • mensa: possibilità di pranzare in strutture convenzionate e non necessariamente nella mensa aziendale;
  • mobilità: servizi pensati per organizzare al meglio trasporto e spostamenti del dipendente.

Cosa è cambiato dopo il Covid a livello di welfare?

La pandemia, come dicevamo all’inizio del nostro articolo, ha cambiato le nostre vite e, di riflesso, il nostro modo di lavorare; ci ha portato a rinegoziare anche le nostre abitudini.

Dalla loro parte le imprese si sono ritrovate di fronte ad un altissimo turn over, decremento di fatturato e operatività, vedendosi così costrette a riorganizzare la propria attività, in alcuni casi a chiuderla. 

L’attuale guerra tra Russia e Ucraina ha poi contribuito a peggiorare il quadro generale.

In situazioni simili, un modello strutturato di welfare aziendale può aiutare le prospettive dell’azienda stessa ma anche i dipendenti.

Dunque quelli che in passato potevano essere considerati benefit come viaggi aziendali, abbonamenti a teatro o palestra, adesso perdono il loro fascino. Il lavoratore presta sempre più attenzione alla sua salute mentale e fisica strettamente correlata a una vita privata equilibrata e in sintonia con la famiglia. È per questo che ad oggi il welfare aziendale si traduce in:

  • diminuzione dei costi del lavorare, magari con una maggiore incentivazione dello smart working;
  • introduzione di misure dedicate all’assistenza sanitaria;
  • ampliamento di politiche volte al benessere lavorativo sociale;
  • supporto nell’integrazione di vita privata e lavoro;
  • aumento del potere d’acquisto del dipendente.

È evidente dunque che il lavoratore è sempre meno disposto ad accettare il compromesso di un ambiente lavorativo insalubre e sordo di fronte alle sue esigenze; sono quindi datori di lavoro e responsabili delle risorse umane che hanno il compito di mettersi in ascolto e attivare rinnovate politiche di welfare aziendale capaci di attirare nuovi talenti e ridurre il sempre più frequente turn over, rafforzando così la cultura aziendale del benessere.


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