Catastrofico terremoto in Friuli (1976)

Era il 7 maggio del 1976, all’epoca ero Comandante dei Vigili del Fuoco di Lucca quando, intorno alle 12, sono arrivato con 90 Vigili del Fuoco della Toscana a Gemona, il luogo più colpito dal terremoto del Friuli Venezia Giulia e dov’era istallato il primo campobase dei soccorritori provenienti da altre regioni d’’Italia.

Da qui, dopo una settimana, sono stato chiamato a far parte dello staff del Commissario speciale Giuseppe Zamberletti, staff che ha lavorato all’emergenza e al post terremoto fino all’aprile 1977. Dall’impatto con la drammatica realtà di quel terremoto, noi soccorritori ci siamo posti una serie di riflessioni, tecniche e umane, sulla tutela da calamità naturali o dolose nell’ambiente in cui si vive. Presi alla gola dai problemi del soccorso per le vittime friulane, come operatori dell’emergenza siamo stati tra i primi a chiederci se fosse possibile organizzare meglio gli interventi a disastro ormai avvenuto, ma anche evitare, in qualche modo, conseguenze tanto gravi dopo una catastrofe. Quel terremoto, devastante, ha comunque dato un impulso importante alla formazione della Protezione Civile.

Quasi 40mila sfollati hanno passato quell’inverno sulla costa Adriatica, per poi rientrare tutti, entro il 31 marzo 1980, in villaggi prefabbricati costruiti nei rispettivi paesi.

La ricostruzione totale è durata 10 anni. Finito il mandato di Zamberletti, nell’ aprile 1977, il governo regionale del Friuli Venezia Giulia, grazie a un’attenta ed efficiente gestione delle risorse, nell’arco di questi dieci anni ha potuto ricostruire intere località. Ancora oggi il modo in cui è stato gestito il post-terremoto viene ricordato come un altro esempio di efficienza e serietà.

Nel 1994 sono stato nominato Prefetto-Direttore Generale della Protezione Civile e dei Servizi Antincendi, ora Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, incarico lasciato volontariamente nel 1999. Fin dal mio primo mandato, ho cercato di far modificare la struttura di Protezione Civile imperniata su due Dipartimenti, uno presso il Ministero dell’Interno e uno presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. A questo proposito, ritengo sia un obbligo morale ricordare la dichiarazione, proprio sulla Protezione Civile, del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga il 14 novembre 1991, durante l’inaugurazione della nuova sede della Scuola Superiore dell’Amministrazione dell’interno a Roma.

“Ritengo che l’Amministrazione dell’Interno debba, non a caso, vedere accresciuti i suoi compiti e abbia un suo ruolo, un suo dovere anche nell’ambito della riforma delle Istituzioni. Io credo che essa abbia una  grande funzione, ma questo fenomeno di espropriazione al quale abbiamo assistito si deve ricomporre. Dico una cosa che è ignota a nessuno: aver duplicato i servizi di Protezione Civile è una sciocchezza”.

Mi limito a segnalare la contrapposizione paralizzante e confusionaria dei due Dipartimenti chiamati a svolgere più o meno la stessa attività. Ho sempre ritenuto che bisogna smettere di rappresentare e intendere il servizio di Protezione Civile, cioè il Dipartimento di Protezione Civile presso la Presidenza del Consiglio, come un Ministero di spesa, finalizzando invece la sua azione verso l’efficienza del soccorso e della prevenzione. Oggi, più che mai, si sente la necessità di attribuire con chiarezza le responsabilità istituzionali proprie delle Amministrazioni e degli Enti che partecipano in tutte le fasi di questa attività. Delle quattro funzioni principali della Protezione Civile, che sono previsione, prevenzione, soccorso e avviamento di ricostruzione, la capacità di previsione del rischio costituisce il momento più qualificante e va potenziata con le strutture esistenti da valorizzare e con mezzi da mettere a disposizione. L’efficacia e tempestività del soccorso va organizzata con ogni mezzo istituzionale e volontaristico disponibile, da creare o da riqualificare. La prevenzione, insieme alla ricostruzione, vanno invece riviste, attribuendole a Ministeri di gestione ordinaria, riorganizzati nello spirito, nell’efficacia e nella modernità.