La struttura attuale
Contrariamente a quanto pareva lecito ipotizzare, l’attuale struttura di Protezione Civile imperniata su due dipartimenti, uno al Ministero dell’Interno in sostituzione della Direzione Generale della Protezione Civile e Servizi Antincendi, ed uno presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega al Ministero dell’Interno, svolge e gestisce con insanabili sovrapposizioni tutte le funzioni operative dell’emergenza, non lasciando nulla alle Regioni, se non, d’intesa con le stesse e gli Enti Locali, l’approvazione dei relativi piani di emergenza e la conseguente attuazione, nonché il coordinamento delle organizzazioni di volontariato. Così pure non si è mai capito a quale dei due dipartimenti spetta l’approvazione dei piani degli interventi volti al superamento dell’emergenza, da attuarsi d’intesa con le Regioni e gli Enti Locali interessati.
La gestione delle emergenze
Innanzitutto, occorre ricondurre all’ordinario molta parte dei provvedimenti che oggi sono messi a carico alla straordinarietà dell’emergenza.Troppa produzione legislativa, troppe decretazioni in questi anni si sono prodotte sulla logica delle emergenze. Si interviene con provvedimenti tampone che legittimano procedure straordinarie, su fenomeni che, alla fine, hanno pur obiettive ragioni di emergenza, senza ricercare invece e prima provvedimenti di modificazione e riforma complessiva che le emergenze non consentirebbero.
Vien da chiedersi quanto questo atteggiamento sia dovuto ad una organizzazione delle Istituzioni non più capace di governare la direzione di marcia del Paese, o quanto esso sia determinato dalla convinzione che solo lo stato di necessità dà all’Esecutivo l’autorevolezza di imporre provvedimenti altrimenti non giustificabili o non attuabili (modo surrettizio di imporre la volontà della deregulation?).
Vien da chiedersi quali componenti del potere di questo Paese trovino, nella gestione delle emergenze più svariate, momento di soddisfacimento di interessi particolari.
La prevenzione
Il momento della prevenzione (se intesa come attuazione di interventi finalizzati a non consentire il verificarsi di eventi calamitosi) deve essere rimandato, invece alle strutture degli apparati ministeriali competenti per settore. Il ricondurre a momenti di ordinarietà, con regole attuative di normalità, gli interventi della prevenzione (nel senso sovra espresso) invece che legarli alla straordinarietà comunque sottesa da interventi di Protezione Civile, deve essere punto dirimente di notevole riguardo circa il contenuto di una nuova legislazione in materia.
Il superamento delle emergenze
In analogia di impostazione anche il momento di gestione temporanea della fase iniziale di ricostruzione e reinsediamento della popolazione da parte della Protezione Civile va letto in modo critico, giacchè al superamento della fase di emergenza dovrà far seguito immediatamente l’intervento dell’apparato istituzionale ordinario, che, secondo regole ordinarie, definirà le provvidenze che il Parlamento avrà eventualmente indicato.
Bisogna cessare di configurare il servizio di Protezione Civile, ovvero il Dipartimento di Protezione Civile presso la Presidenza del Consiglio, come un Ministero di spesa, finalizzando invece la sua azione verso l’efficienza del soccorso e della previsione.
La previsione del rischio
Delle quattro funzioni principali della Protezione Civile e cioè previsione, prevenzione, soccorso e avviamento di ricostruzione, la capacità di previsione del rischio costituisce il momento più qualificante e va potenziata con le strutture esistenti (da valorizzare) e con mezzi da porre a disposizione; la efficacia e tempestività di soccorso va organizzata con ogni mezzo istituzionale e volontaristico disponibile (da creare o da riqualificare); quella della prevenzione e quella della ricostruzione vanno invece riconsiderate attribuendole ai Ministeri di gestione ordinaria, riorganizzati nello spirito, nella efficacia e nella modernità.
Una paralizzante dicotomia
Si configura oggi la necessità di attribuire con chiarezza le responsabilità istituzionali proprie dell’Amministrazione ed Enti tenuti al concorso in tutte le fasi dell’attività di Protezione Civile. Non voglio criticare l’istituzione del Dipartimento della Protezione Civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri o quello presso il Ministero dell’Interno.
Mi limito a segnalare la dicotomia paralizzante e confusionaria dei due Dipartimenti chiamati a svolgere più o meno la stessa attività.
Così per la prevenzione delle calamità e delle catastrofi, su cui tanto occorre dirigere l’attenzione, l’attività della Protezione Civile si deve incontrare con quella del Ministero dell’Ambiente e con quella delle Regioni e degli Enti Locali competenti, nonché delle comunità scientifiche nelle loro varie articolazioni, specie per quanto riguarda la previsione.
Così per la fase di ricostruzione occorre il contributo del Ministero delle Infrastrutture, per non parlare di nuovo dell’iniziativa delle Regioni e delle Autonomie Locali.
Per la fase dell’emergenza in particolare, sono chiamati a concorrere i Ministeri dell’Interno, della Difesa, della Sanità, delle Finanze con i rispettivi corpi nonché la Croce Rossa, il Volontariato, ecc.
Non solo, ma a livello periferico, l’attività della Protezione Civile dovrebbe appoggiarsi sulle Prefetture, che ne hanno tratto spesso spunto per una accresciuta intensità di rapporto con le comunità locali. In tutto il sistema delle Prefetture l’attività di Protezione Civile è assunta ad una importanza primaria, alla pari con quella legata al coordinamento dell’ordine pubblico.
Linee guida per la riorganizzazione della Protezione Civile
Considerate la vulnerabilità del territorio italiano e la frequenza delle calamità, con la conseguente crescente necessità di risposte efficaci e tempestive, l’attività di Protezione Civile va riorganizzata attraverso una profonda e sostanziale revisione dell’attuale legislazione, oggi fondata principalmente sulla Legge 225/92.
Attraverso la ridefinizione degli ambiti di intervento e la individuazione dei soggetti coinvolti, dovrà essere designato un nuovo modello operativo improntato sui criteri della regionalizzazione e della sussidiarietà procedendo alla fusione in “un unicum” dei due attuali Dipartimenti della Protezione Civile (Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dell’Interno) i cui compiti andranno svolti a livello decentrato.
Mi corre l’obbligo ricordare che il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco inserito nel Dipartimento Protezione e Difesa Civile del Ministero dell’Interno può contare su 30.000 vigili permanenti, 3.000 vigili volontari a servizio discontinuo e circa 1.600 tecnici di cui 1.000 ingegneri in grado di garantire anche il servizio di prevenzione per tutti i rischi sopra richiamati.
Il Dipartimento, nato dalla fusione dei due attuali, dovrebbe avere come asse portante il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
In relazione a ciò dovrà essere istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il Coordinamento Nazionale della Protezione Civile per un collegamento politico unificante tra gli organi preposti al soccorso e alla prevenzione e quelli invece preposti alla prevenzione e alla ricostruzione.