L’emergenza sanitaria degli ultimi 2 anni ha fatto risaltare la necessità di trovare una regolamentazione effettiva del lavoro agile che potesse essere adottata anche nel periodo post pandemico. Ecco quindi che all’attività lavorativa svolta esclusivamente da remoto, adottata soprattutto nel corso dei vari lockdown, si è aggiunta la formula del cosiddetto “lavoro ibrido” quello in cui parte dell’attività è svolta in ufficio ed il resto a distanza. Secondo i dati di un’indagine Aidp (Associazione italiana per la direzione del personale) diffusa da “Il Sole 24 Ore” e condotta su 850 tra direttori del personale ed aziende, l’88% degli intervistati conferma che, pur dopo la fine del lavoro agile “semplificato” il 30 giugno 2022, sarà garantita la possibilità di lavorare da remoto, mentre il 38% opta per il lavoro ibrido con almeno due giorni a settimana in smart-working.
Cosa si intende per lavoro ibrido?
Si tratta di una modalità di svolgimento della prestazione in modo flessibile: in pratica l’interessato svolge l’attività in parte da remoto e in parte in azienda. In base al bilanciamento tra smart-working e presenza ne esistono diverse tipologie:
- “remote – first”, presenza in azienda occasionale e la parte predominante dell’attività è svolta a distanza;
- “office – first”, al contrario l’ufficio, la sede aziendale, sono il luogo di svolgimento dell’attività, mentre il lavoro agile ricopre un ruolo secondario.
Il 7 dicembre 2021 il Ministero del lavoro ha sottoscritto con le Parti sociali il “Protocollo Nazionale sul Lavoro Agile nel settore privato”, in modo da dare delle linee di indirizzo per la regolamentazione dello smartworking da parte della contrattazione collettiva nazionale, territoriale e/o aziendale.
Viene innanzitutto fatto un discrimine importante tra lavoro in presenza, lavoro da remoto ordinario e semplificato. Per il lavoratore ibrido lavorare in presenza non comporta particolare regolamentazione se non quella generale che già regola il rapporto di lavoro subordinato. Coloro che hanno aderito al lavoro da remoto “ordinario” devono rispettare quanto previsto dai contratti collettivi e dall’accordo individuale con l’azienda (come richiesto dalla Legge 22 maggio 2017 numero 81).
L’accordo tra datore di lavoro e dipendente (articolo 19 della Legge n. 81/2017) dev’essere stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa oltre a disciplinare le modalità di esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali, in particolare individuando:
- Le forme di esercizio del potere di controllo e direttivo del datore di lavoro;
- I tempi di riposo del lavoratore;
- Gli strumenti utilizzati per rendere la prestazione da remoto nonché le misure tecnico – organizzative necessarie per assicurare la disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro;
- Le condotte sanzionabili a livello disciplinare;
- L’eventuale diritto all’apprendimento
La misura di maggiore impatto è stata quella di eliminare in via temporanea, fino al 30 giugno 2022, l’obbligo di stipula di un accordo individuale per ricorrere al lavoro da remoto, lasciando ai datori di lavoro l’obbligo di adempiere a vari step come quello di trasmettere al Ministero del Lavoro l’elenco dei lavoratori a distanza, i dettagli della loro copertura INAIL ed il periodo di tempo in cui la prestazione è svolta da remoto e di consegnare al lavoratore interessato ed Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) l’informativa sui rischi alla salute ed alla sicurezza del dipendente connessi al lavoro da remoto dell’INAIL. Azienda e singolo lavoratore sono così chiamati a stabilire il bilanciamento tra lavoro in presenza e da remoto. All’interno dell’accordo individuale (articolo 2 del Protocollo sullo smart working) dev’essere infatti definita “l’alternanza tra i periodi di lavoro all’interno e all’esterno dei locali aziendali”.
Attività in smart working nel lavoro ibrido
Il Protocollo del 7 dicembre 2021 introduce, tra i contenuti dell’accordo individuale, all’articolo 2, la definizione di:
- Luoghi eventualmente esclusi per lo svolgimento della prestazione lavorativa esterna ai locali aziendali (punto c);
- Sessioni formative riguardanti lo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile (punto h).
Al successivo articolo 3 (comma 1) il testo definisce – considerate le previsioni di legge e di contratto collettivo – la giornata lavorativa tipo per coloro che operano in modalità agile. Fermo restando l’assenza di un preciso orario di lavoro e l’autonomia nello svolgimento della prestazione nell’ambito degli obiettivi prefissati alla base del lavoro ibrido devono esserci:
- Il rispetto dell’organizzazione delle attività assegnate dal responsabile, a garanzia dell’operatività dell’azienda e dell’interconnessione tra le varie funzioni aziendali;
- L’eventuale articolazione dell’attività in fasce orarie, compresa “la fascia di disconnessione nella quale il lavoratore non eroga la prestazione lavorativa” (articolo 3 comma 2).
All’articolo 4 comma 1 del Protocollo sullo smart working si legge che il lavoratore è libero di individuare il luogo ove rendere la prestazione in modalità agile “purché lo stesso abbia caratteristiche tali da consentire la regolare esecuzione della prestazione” in condizioni di sicurezza e riservatezza. La contrattazione collettiva e l’accordo individuale possono comunque individuare una serie di luoghi giudicati inidonei per motivi di sicurezza personale o protezione, segretezza e riservatezza dei dati.
Sono stati inoltre previsti dei limiti stabilendo il tetto massimo delle ore giornaliere e settimanali imposti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
La prestazione a distanza è resa senza precisi vincoli di orario, eccezion fatta per l’eventuale previsione di fasce di reperibilità, nel rispetto comunque del diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche, definito nell’accordo individuale.
Secondo il protocollo, salvo esplicita previsione da parte della contrattazione collettiva, durante le giornate di smart – working “non possono essere di norma previste e autorizzate prestazioni di lavoro straordinario” (articolo 3 comma 4).
Come ci si comporta con le assenze?
Sulla base del principio (definito dall’articolo 20 comma 1 L. n. 81/2017) che il lavoratore in modalità agile ha diritto ad un trattamento normativo non inferiore a quello complessivamente applicato ai colleghi in presenza, ne deriva che lo smart – worker ha diritto di assentarsi per:
- Ferie e permessi retribuiti (sfruttando lo stesso monte ore previsto per chi lavora in sede);
- Malattia, infortunio, maternità ed altre ipotesi di assenze giustificate;
- Permessi per disabili o per l’assistenza a familiari disabili di cui alla Legge numero 104/1992.
Durante le “assenze c.d. legittime (es. malattia, infortuni, permessi retribuiti, ferie, ecc.)”, lavoratore può “disattivare i propri dispositivi di connessione e, in caso di ricezione di comunicazione aziendali, non è comunque obbligato a prenderle in carico prima della prevista ripresa dell’attività lavorativa” (articolo 3 comma 5 Protocollo 7 dicembre 2021). Per quel che concerne invece la retribuzione, la legge numero 81/2017 stabilisce chiaramente (articolo 20 comma 1) che il dipendente impiegato in forme di lavoro agile ha diritto ad un trattamento economico non inferiore a quello garantito a chi presta l’attività esclusivamente in presenza. Va da sé quindi considerare che non è prevista nessuna penalizzazione o riduzione dello stipendio, a seconda della tipologia del lavoro agile. Inoltre, il lavoratore ibrido non è sottoposto a discriminazioni a livello economico, bensì al potere di controllo, disciplinare, del datore di lavoro. All’interno dello statuto dei lavoratori 300/1970 si legge che devono essere disciplinate “le forme e le modalità di controllo della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali” nel rispetto della legge. Il datore di lavoro può esercitare il proprio potere disciplinare, a fronte di eventuali condotte di cui il dipendente si è reso responsabile in presenza o nel corso dell’attività a distanza, espressamente individuate nel regolamento disciplinare (per il lavoro in sede) e nell’accordo individuale e / o collettivo (per lo smart working). Inoltre, in base della gravità della condotta, il dipendente rischia addirittura la contestazione disciplinare, una tipologia di sanzioni che si esplicita in:
- Ammonizione scritta;
- Multa, sino ad un massimo di quattro ore di retribuzione base;
- Sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per non più di dieci giorni;
- Trasferimento;
- Licenziamento per giusta causa (senza preavviso) o giustificato motivo soggettivo (con preavviso).