Certificato prevenzione incendi nei condomini: normative e responsabilità

Secondo la legge, uno degli obblighi derivanti dal ruolo di amministratore di condominio, è l’adempimento dell’acquisizione del CPI (acronimo per Certificato Prevenzione Incendi) o del suo rinnovo quando esso già sussista. In questo articolo vedremo nel dettaglio cos’è il CPI, come e quando richiederlo, quali sono le responsabilità legali in caso di mancato assolvimento in base alle attuali normative.

CPI: cos’è e quando richiederlo

Il Certificato Prevenzione Incendi (CPI) è un attestato che garantisce che l’edificio sia del tutto conforme alle norme antincendio. Il fabbricato deve rispettare le norme edilizie per la prevenzione degli incendi e i suoi locali devono avere i requisiti di sicurezza necessari a proteggere cose e persone. Ha una validità di 5 anni, al termine dei quali si deve procedere al rinnovo.

Bisogna però chiarire che il Certificato Prevenzione Incendi, fino all’entrata in vigore del decreto 1515/2011, veniva rilasciato dal comando dei Vigili del Fuoco, ma che a partire da quella data è stato sostituito dalla SCIA.

Si continua a parlare di CPI per tutte quelle realtà che preesistevano al suddetto decreto e che ne erano già in possesso. Da quella data infatti, la richiesta di CPI di fatto consiste nella presentazione della cosiddetta segnalazione certificata di inizio attività. Questa segnalazione già detta brevemente SCIA, va presentata al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco e non va confusa con quella relativa ai lavori che si presenta al Comune.

È bene ricordare che ogni stabile destinato a civile abitazione dovrebbe essere già in possesso del CPI in quanto rappresenta una delle clausole per ottenere l’agibilità del fabbricato. Pertanto la singola unità immobiliare non deve richiedere il rilascio del certificato ma è importante verificare l’esistenza o meno del CPI richiedendolo al costruttore. In questi casi il responsabile dell’attività è equiparato all’amministratore: sarà pertanto quest’ultimo che a nome del condominio, ai sensi dell’art. 4 del DPR 151, avrà presentato la SCIA antincendio.

Se il CPI esiste ed è ancora intestato al costruttore, l’amministratore deve eseguire la voltura dal vecchio titolare dell’attività inoltrando apposita dichiarazione al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco competente.

In questi casi, ci sarà bisogno di una verifica che quanto indicato nel documento sia coerente con lo stato di fatto dell’edificio, assicurandosi che nel corso del tempo non siano intervenute modifiche al fabbricato che potrebbero aver inficiato la validità del Certificato Prevenzione Incendi.

Come richiedere il CPI

Nel caso in cui il fabbricato non è in possesso del CPI, l’amministratore ha l’obbligo di contattare un tecnico specializzato che si occuperà di presentare la SCIA al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco e da quella data può esercitare l’attività.

Il tecnico in questione è un professionista che non solo possiede una specifica abilitazione conseguita attraverso corsi certificati (risultando quindi inserito nell’elenco dei professionisti incendio del Ministero degli Interni), ma è anche in regola con i vari corsi di aggiornamento, indispensabili per poter esercitare l’attività.

La GTP s.r.l., azienda leader anche nel settore di prevenzione antincendi, offre tra i suoi servizi la redazione di pratiche e modulistica per l’ottenimento del Certificato di prevenzione incendi.

Quali edifici hanno l’obbligo di adempimento

Con l’entrata in vigore del decreto del ministero dell’interno 21/02/2017, a partire dal 2017, si è esteso l’obbligo di richiedere il CPI anche ad alcuni edifici che prima non erano tenuti a possedere la certificazione.

Il Decreto infatti ha modificato alcuni requisiti per l’obbligo di certificazione, andando ad inglobare nella categoria C anche i condomini che presentano le seguenti caratteristiche:

  • impianti per la produzione di calore alimentati a combustibile solido, liquido o gassoso con potenza superiore a 116 kW (come alcune centrali termiche e/o caldaie, generatori di calore condominiali a servizio di impianti di riscaldamento centralizzato);
  • autorimesse con una superficie complessiva coperta superiore a 300 mq;
  • altezza antincendio superiore a 24 m.

Definizione di edificio di altezza superiore ai 24 metri

Può risultare utile chiarire nel dettaglio quali sono i parametri tecnici che classificano un edificio superiore ai 24 m. Per altezza antincendio, in base al DM 30 novembre 1983 e successive modifiche, si intende “l’altezza massima misurata dal livello inferiore dell’apertura più alta dell’ultimo piano abitabile e/o agibile, escluse quelle dei vani tecnici, al livello del piano esterno più basso”.

Ruolo e responsabilità dell’amministratore

In presenza di uno o più degli elementi sopra esposti, è compito dell’amministratore curare la prevenzione antincendio, avviare la pratica per richiedere il CPI e domandarne il rinnovo prima della scadenza.

Rientra inoltre nel suo ruolo:

  • accertarsi che venga effettuata regolarmente la manutenzione ordinaria e straordinaria di estintori, sensori di rilevamento del fumo e degli impianti antincendio presenti in condominio;
  • mantenere aggiornato il registro dei controlli;
  • informare sia i condòmini che il personale che lavora all’interno dell’edificio affinché rispetti le norme antincendio;
  • sottoporre all’assemblea di condominio la necessità di ristrutturazioni o la realizzazione di straordinaria amministrazione al fine dell’adeguamento alla normativa antincendio;
  • applicare sanzioni (se il regolamento lo prevede) a carico di coloro che impediscono o rendono più difficoltosa l’applicazione delle regole antincendio.

In base a questo scenario giuridico, risulta chiaro che l’amministratore ha un grande carico di responsabilità civile, che può essere definita duplice, in quanto può ridursi ad una responsabilità contrattuale, direttamente legata ai condòmini che potrebbero agire contro di lui e revocarne il mandato, e ad una responsabilità extracontrattuale, investita invece in tutti quei soggetti che non sono condòmini ma che hanno subito un pregiudizio dalla condotta colpevole dell’amministratore (ad esempio parenti in visita o ospiti).

Riguardo un’eventuale responsabilità penale, lo scenario è meno chiaro: da un lato infatti la legge prevede da 1 a 5 anni di reclusione per chiunque cagioni in maniera colposa un incendio, intendendo per colpa anche negligenza, imprudenza o semplicemente l’adozione di misure poco accorte.

Ciononostante, per quanto riguarda la possibile responsabilità penale dell’amministratore, in materia di disciplina antincendio non è possibile rinvenire un’unica norma applicabile, ma un insieme complesso di disposizioni che non è detto possano essere totalmente conosciute dall’amministratore.

Ciò significa, in estrema pratica, che solamente delle macroviolazioni possono far scattare una responsabilità penale: secondo la legge, è necessario che la condotta omissiva dell’amministratore, cioè la sua negligenza, sia stata determinante nell’incidente.