Le nuove frontiere dello smart working dopo la fine dell’emergenza sanitaria

Lo Smart Working è ormai diventato la formula lavorativa del futuro. Durante la pandemia da Covid-19 è stato sdoganato dall’angolo dove era rintanato sin dalla sua costituzione,  presente soltanto nelle multinazionali o comunque nelle grandi aziende, ed è stato scoperto anche dalle medio-piccole imprese, che in Italia rappresentano il 90% del totale dei datori di lavoro. Ecco quindi che nella fase più acuta dell’emergenza sanitaria erano quasi 9 milioni, secondo dati Inapp-Plus (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche pubbliche) gli  occupati che hanno lavorato da remoto, riuscendo così a ridurre le perdite e permettendo alle imprese di proseguire le proprie attività produttive. Il divario di crescita è stato impressionante se si pensa solo che nel 2019 gli smart worker italiani raggiungevano a malapena la soglia dei 570mila. Lo scorso anno i dati si sono assestati in oltre 7,2 milioni utilizzatori di prestazioni smart.  Dati che hanno aperto nuovi scenari quindi dimostrando l’importanza del lavoro agile, a prescindere dallo stato emergenziale e per questo, proprio per disciplinare un ambito guardando ai tempi che sono cambiati, si è mosso il legislatore con una nuova legge sul lavoro agile che va a toccare l’ambito contrattuale ma anche quello formativo, con ore di lezioni di aggiornamento da svolgere in digitale, contributivo e fiscale

 

La Storia 

Nel giugno 2017 è entrata in vigore la legge 81/2017, il Jobs Act sul lavoro autonomo recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”, che disciplinava il lavoro agile in Italia. Per il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, “lo Smart Working (o Lavoro Agile) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività”. Con la legge di Bilancio 2019, n. 145 del 30 dicembre 2018, è stato modificato l’articolo 18 del c.d. Jobs Act, inserendo il comma 3-bis secondo cui il datore di lavoro che stipulava accordi per l’esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile, doveva dare priorità alle richieste di Smart Working formulate dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo obbligatorio di maternità e a quelle dei lavoratori con figli in condizioni di disabilità.

All’inizio della pandemia, vari DPCM hanno sancito la possibilità, per aziende e PA di applicare la modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, puo’ essere applicata, per la durata dello stato di emergenza, raccomandando che in ordine alle attività produttive e alle attività professionali ne fosse attuato il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che potevano essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza.

Tutto questo ha reso necessario, sul finire dello stato emergenziale, un aggiornamento delle leggi che finora hanno disciplinato questa modalità di lavoro, pensando anche a nuove forme ibride di lavoro agile, che prevedono giornate a distanza ed altre in presenza. 

Il 16 marzo 2022 la Commissione permanente XI Lavoro pubblico e privato della Camera dei Deputati ha approvato la proposta di legge su “Disposizioni in materia di lavoro agile e di lavoro a distanza” contenente in dodici articoli una serie di modifiche alla normativa sullo smart working. Rispetto al testo originario, il disegno di legge modifica la definizione stessa di lavoro agile contenuta all’articolo 18 comma 1, indicandolo come “una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa nell’ambito di un contratto di lavoro subordinato, effettuata su base volontaria e con forme di organizzazione per fasi e cicli oltre che con l’utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività da remoto”. Si precisa inoltre che si considera smart working soltanto il lavoro, svolto all’esterno dell’ufficio, che coinvolga almeno il 30% dell’orario complessivo. Per percentuali inferiori non sono necessari, pertanto, gli accordi individuali tra azienda e dipendenti.

Grande attenzione viene poi dedicata al tema della disciplina del lavoro agile da parte della contrattazione collettiva, già oggetto delle Linee guida sul lavoro da remoto nel settore privato frutto dell’accordo raggiunto il 7 dicembre 2021 tra Ministero del Lavoro e parti sociali.

Non manca una riscrittura dei contenuti dell’accordo individuale, la priorità nell’accedere allo smart working per lavoratori con familiari disabili e caregiver, l’attenzione ai temi del diritto alla disconnessione, della formazione, dell’utilizzo delle dotazioni tecnologiche, oltre che alle agevolazioni fiscali e contributive (credito d’imposta e riduzione dei premi INAIL) per le realtà che investono in strumenti informatici o semplicemente ricorrono al lavoro a distanza.

 

La contrattazione collettiva

L’articolo 18 della Legge numero 81/2017 come modificato dalla bozza di legge approvata a Montecitorio (articolo 1 comma 1) prevede che il CCNL stipulato dalle organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale “nonché i contratti collettivi stipulati ai sensi dell’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81” disciplinino:

  • La responsabilità del datore di lavoro e del lavoratore per quanto attiene la sicurezza ed il buon funzionamento degli strumenti tecnologici;
  • Il diritto alla priorità nell’accesso al lavoro a distanza in favore di lavoratrici e lavoratori nei tre anni successivi la conclusione del congedo di maternità / paternità, lavoratori con figli in condizioni di disabilità grave ai sensi della Legge numero 104/1992, lavoratori che assistono familiari con handicap grave o svolgono la funzione di caregiver familiare;
  • L’equiparazione del lavoratore in smart-working al personale in presenza in termini di trattamento economico e normativo, diritto alla salute ed alla sicurezza sul lavoro, sviluppo delle opportunità di carriera e crescita retributiva, diritto alla formazione, all’apprendimento permanente ed alla periodica certificazione delle relative competenze;
  • Diritto a usufruire delle ferie e dei permessi con le modalità previste da legge e contratti collettivi;
  • Diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche, dalle piattaforme informatiche e da qualsiasi strumento e / o applicativo di comunicazione.

Al comma 3 si pone l’accento sull’applicazione, in favore di coloro che lavorano in modalità agile, di trattamenti economici “non inferiori, rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi nazionali di categoria stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”;

Il comma 4, invece, stabilisce che gli incentivi di carattere fiscale e contributivo eventualmente riconosciuti in relazione agli incrementi di produttività ed efficienza del lavoro subordinato siano “applicabili anche qualora la prestazione lavorativa sia resa in modalità agile”.

 

L’accordo individuale

Viene praticamente riscritto l’articolo 19 al comma 2 dove sono specificati i contenuti dell’accordo, soprattutto::

  • la durata dello stesso;
  • l’alternanza di periodi di lavoro agile all’interno ed all’esterno dei locali aziendali;
  • il monte ore di almeno il trenta per cento da dedicare a ciascuna attività in modalità agile, in quanto compatibile;
  • le fasce orarie di reperibilità;
  • l’informativa in materia di sicurezza sul lavoro;
  • le misure tecniche ed organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche;
  • l’attività formativa eventualmente necessaria per lo svolgimento della prestazione in modalità agile.

Dall’accordo (a termine o a tempo indeterminato) ciascuna delle parti potrà recedere “con un preavviso non inferiore a trenta giorni” (articolo 3 comma 3 del disegno di legge). Peraltro in presenza di un “giustificato motivo, ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine nel caso di accordo a tempo determinato, o senza preavviso nel caso di accordo a tempo indeterminato”.

 

Il diritto alla disconnessione

Al diritto alla disconnessione del lavoratore è dedicato un nuovo articolo ad hoc introdotto nella Legge 22 maggio 2017 numero 81. L’articolo 24-bis dal titolo “Diritto soggettivo alla disconnessione” prevede che il lavoratore tanto che sia in presenza che da remoto sia “sempre titolare del diritto soggettivo alla disconnessione da intendersi come il diritto di estraniarsi dallo spazio digitale e di interrompere la connessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche in proprio possesso” senza che questo possa portare a responsabilità di natura disciplinare o trattenute dalle retribuzione.

A tal proposito è previsto che:

  • gli orari di disconnessione siano stabiliti a livello di contrattazione collettiva;
  • il diritto alla disconnessione sia sempre opponibile al datore di lavoro durante il periodo di riposo ai sensi del Decreto Legislativo 8 aprile 2003 numero 66;
  • le violazioni del diritto in parola siano punibili ai sensi dell’articolo 615-bis del codice penale, salvo che il fatto costituisca più grave reato.

 

La formazione digitale

L’articolo 7 del disegno di legge (d.d.l.) dedica attenzione al tema della formazione digitale, con lo scopo di assicurare ai lavoratori da remoto un utilizzo delle dotazioni tecnologiche in totale sicurezza.

Vengono previsti, in particolare:

  • Corsi di formazione ed aggiornamento di livello operativo presso gli istituti secondari di secondo grado e gli istituti professionali;
  • Corsi di aggiornamento sull’innovazione tecnologica presso enti e istituzioni di formazione;

Questi ultimi sono finanziati grazie alle risorse del “Fondo nuove competenze, di cui all’articolo 88 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77” ovvero messe a disposizione dal “Programma nazionale per la garanzia e l’occupabilità dei lavoratori,  denominato <<GOL>>, adottato con il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 5 novembre 2021”.

A tal proposito GTP S.r.l., azienda leader nel settore della Sicurezza sul Lavoro, offre una vasta gamma di soluzioni formative tramite moderni sistemi di elearning ed  aule virtuali

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Il credito d’imposta

Secondo, l’articolo 8 del d.d.l. alle aziende che praticano la modalità di lavoro agile viene  riconosciuto un credito d’imposta, in ragione degli investimenti in strumenti informatici di ultima generazione, effettuati entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del testo alle condizioni che:

  • siano destinati ad agevolare le attività di smartworking;
  • vengano messi a disposizione dei dipendenti che prestano lavoro da remoto.

La definizione dei soggetti beneficiari e delle modalità di accesso al credito d’imposta, cui è destinato un plafond di trenta milioni di euro per il triennio 2022 – 2024, è demandata ad un decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Gli sgravi INAIL

Secondo l’articolo 9 “al fine di promuovere il lavoro agile”, dal 1° gennaio 2022 i rapporti eseguiti in tale modalità possono beneficiare di una riduzione pari all’1% dei premi a carico del datore di lavoro, dovuti all’assicurazione INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.